Il Covid provoca colite?

 

Il Covid provoca colite? Coronavirus e intestino: esistono relazioni tra il virus che ci ha costretto alla quarantena obbligatoria e problemi gastrointestinali?

 

 

In questi due anni la medicina ha dovuto rapportarsi con questa nuova emergenza sanitaria, causata dal Covid-19 e dalle conseguenze che esso crea nel nostro organismo.

I sintomi più acclarati del coronavirus sono stati quelli a livello respiratorio, tuttavia la malattia non risparmia nemmeno l’apparato gastrico.

Stomaco ed intestino sono spesso interessati da infiammazioni e sintomatologie che si manifestano quanfo interessati da Covid-19, ed anche la colite può essere conseguenza della positività al virus.

Secondo i ricercatori questa correlazione esistente tra la colite, in generale tra i disturbi intestinali, e il Covid-19, dipende dal fatto che il virus oltre ad attaccarsi ai polmoni tende a contaminare anche mucosa gastroenterica in quanto al suo interno ci sono recettore proteici come l’ACE2.

 

 

Con quale frequenza il virus colpisce stomaco e intestino?

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Tra i pazienti che si sono ritrovati a dover gestire la positività al Covid-19 (non solo coloro che sono stati ricoverati in ospedale, ma anche coloro che si sono curati in itinere a casa), secondo dati ufficiali, più del 10% ha lamentato disturbi all’apparato gastrointestinale.

Nausea vomito e diarrea sono stati i sintomi più comuni, sintomi che ricordiamo sono alla base anche della colite. La colite, così come anche la malattia di Crohn, rientra in quelle patologie croniche che colpiscono l’intestino e consiste in un'infiammazione della parete intestinale, che può perdurare nel tempo e che provoca a sua volta sintomi come gonfiore addominale, alitosi, diarrea, spesso con sangue, dolore, debolezza e perdita di peso. Sintomi questi che in taluni casi si sono palesati anche in coloro che sono stati colpiti da coronavirus.

Sempre stando ai dati statistici messi insieme da medici e ricercatori, tra il 14% e il 53% dei pazienti dopo esser guariti dal virus, hanno presentato alterazioni di indici di citolisi epatica e riduzione dell’albuminemia, altri due sintomi che si possono raramente palesare in caso di colite.

 

 

Sindrome da colon irritabile e Covid-19

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Il Covid-19 è stato su due fronti causa numero uno negli ultimi due anni di sindrome da colon irritabile. Da un lato chi ha contratto il virus ha dovuto fare i conti (e tuttora fa i conti con i postumi) con un'infiammazione della mucosa intestinale, dall’altro chi non ha mai contratto il virus ha dovuto invece fare i conti con una condizione mentale e psicologica talmente stressante da essersi ammalato di colite.

Alcuni esperti di medicina integrata ritengono che l'intestino continui a rimanere ampiamente infiammato a causa dei postumi da Covid-19 per circa 10 settimane dopo la negatività.

Chi si ammala di sindrome da colon irritabile o da colite viene interessato da un'infiammazione del tessuto linfoide associato alla mucosa dell'intestino, detto MALT.

All’interno di questo tessuto si trovano infatti le cellule immunitarie che hanno il compito di schierarsi come barriera protettiva da agenti esterni. La mancata attivazione di queste cellule tende a permettere al virus Covid-19 di attaccarsi alle pareti del tessuto linfoide e a rimanere lì per diverse settimane.

 

 

Colite in chi non ha preso il Covid-19

Una situazione per certi versi similare viene sviluppata da coloro che non hanno vissuto fisicamente il coronavirus, ma che si sono lasciati influenzare psicologicamente dal pensiero.

Circa un terzo della popolazione ha infatti sviluppato problematiche intestinali a causa del lockdown e delle sue conseguenze: ansia, depressione, stress e disturbi del sonno. Pertanto è possibile asserire che i disturbi intestinali siano procurati dal coronavirus sia nel senso stretto del termine che metaforicamente parlando.

In secondo luogo c’è da considerare anche un aspetto ulteriore, ovvero che in piena pandemia stando chiusi a casa, la tendenza ad un'alimentazione meno sana è stata maggiore per molti pazienti.

Tale condizione ha comportato un aumento dei malati di colite: causa di ciò potrebbero essere le prostaglandine, molecole che provocano l’infiammazione e che vanno a incidere anche sull’intestino, stimolando contrazione e rilassamento.

 

I sintomi da colite più diffusi

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Tra i sintomi da colite più diffusi manifestatisi in chi si è ammalato da Covid-19 troviamo diarrea e astenia, quest’ultimo sintomo 'extraintestinale', ma correlato agli effetti del virus sull'apparato.

A dimostrare ciò è stato una studio italiano condotto su 164 pazienti del Policlinico di Milano. Gli autori dello studio (tra cui Maurizio Vecchi, professore ordinario e direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell'apparato digerente dell'università Statale di Milano, e Guido Basilisco dell'Unità operativa di Gastroenterologia ed Endoscopia del Policlinico) hanno messo in evidenza che le ultime varianti di Covid-19 abbiano interessato più stomaco ed intestino che apparato respiratorio.

Sempre secondo lo studio in esame, durante la positività da coronavirus si acutizzano i sintomi allo stomaco, e anche dopo la positività i pazienti sono interessati da effetti gastrointestinali a lungo termine seppur di severità lieve (in pochi casi le manifestazioni sia intestinali che extraintestinali potrebbero persistere anche a mesi di distanza).

 

 

Terapie per la colite da Covid-19

È doveroso evidenziare che in termini di terapia, sia durante il Covid-19 che in generale, non esiste una cura capace di risolvere definitivamente il problema colite. Una soluzione drastica è oviamente quella di prendere tutte le precauzioni possibili per evitare il contagio, come l'utilizzo di mascherine certificate e di lavarsi le mani continuamente.

I medici tendono infatti a prescrivere farmaci atti a ridurre l'infiammazione, ad alleviare i disturbi (sintomi). I farmaci che si possono assumere in caso di colite servono a lenire il dolore e ad evitare lo sviluppo di complicazioni.

Ad ogni modo è importante seguire una dieta pulita, assumere cibi sani, integrare l’alimentazione con vitamine integratori a base di ferro (soprattutto se dovessero realizzarsi delle carenze dovute alla perdita di sangue nelle feci o se vi è stato un apporto con gli alimenti). I farmaci più utilizzati per trattare la colite sono gli antinfiammatori e gli immunosoppressori.